50 anni di Righi: un sorso di vita tra internet e cabernet…
Cinquanta anni non sono un giorno solo: un bambino diventa uomo, un uomo invecchia, la realtà cambia… Così pensavo ascoltando il professor Massimo Marchiori, docente all’Università di Padova, parlare ai nostri ragazzi in una radiosa mattina di maggio nel teatro Don Bosco dei salesiani di Chioggia.
Questo geniaccio del Web, che lavora sui motori di ricerca di Google, un’eccellenza planetaria, ha accettato di venirci a somministrare la sua lectio magistralis. Con stile suadente, accettando i limiti imposti dal contesto, compresi i ‘comandi vocali’, cioè la necessità di chiamare a voce l’avanzamento delle slide, il professore spiega che cosa vuol dire ’meno internet più cabernet’, titolo del suo ultimo libro sulla materia.
Mi vien da pensare che noi, come persone e come istituto, abbiamo vissuto in questi 50 anni una rivoluzione antropologica e forse la lezione del prof la racconta più di una fotografia.
Non poteva scegliere miglior relatore la collega Boscolo Patrizia che scende in campo armata di una pazienza infinita. Una presentatrice fa sul palco sempre una magia: quella di connettere ciò che è disconnesso, di far apparire collaudato ciò che è stato provato un momento prima, smussando spigoli e incastrando pezzi. E il miracolo del palcoscenico avviene per l’ennesima volta: tutto si tiene, tutto magicamente gira questa mattina a partire dai saluti augurali della dirigente dottoressa Antonella Zennaro a quelli della direttrice Carmela Muglia e dell’assessore Isabella Penzo.
Il professor Marchiori ci squaderna tra video virali, tormentoni e immagini di repertorio, una riflessione sul senso stesso del progresso, di un futuro in cui l’uomo possa essere, nonostante tutto, ancora il protagonista. È un po’ la storia della comunicazione in rete da quando un pazzo come Cyrus Field srotolò sotto l’oceano, nelle profondità marine, quel cavo che collegava la Gran Bretagna agli Stati Uniti e non importa se i nostri ragazzi non sono abituati a una presentazione così: il libro è a portata di mano e solo con una notte di lettura lo si può ripresentare la mattina dopo ai ragazzi ancora stupiti per ciò che avevano ascoltato e per la magia che riesce, ancora una volta, a un prof di religione un po’ insonne e sempre a caccia di lezioni vere.
Siamo stati anche noi come la bambina della prima slide, in mezzo a due binari divergenti, dubbiosi se andare da un parte o dall’altra: verso un mondo tecnologico o verso un mondo reale. E’ l’epica battaglia tra la tecnologia e la società, due entità in apparente contrasto l’una con l’altra. Ma la vera natura della tecnologia, il suo divenire è intimamente legato al progresso complessivo della società, al suo vivere e al suo volersi migliorare. “La potenza di una meraviglia come il Web è che non è centralizzato e la sua vera forza è stata proprio la sua socialità democratica, dove ciascuno di noi ha in linea di principio lo stesso diritto degli altri di dire la sua, di mettere i suoi mattoncini di informazione nella magnifica cattedrale informatica che l’umanità sta costruendo …“
Bisognerà spiegare bene ai ragazzi che cosa è una cattedrale e l’indomani partirò da quella che tutti i ragazzi ben conoscono, la Sagrada Familia di Gaudì a Barcellona.
Insomma tutto dipende dal tuo mattoncino, perché la cattedrale si può fare ma bisogna che tu ci sia… Nel capitolo finale del suo libro, che io farei leggere in ogni scuola superiore, Marchiori cita la più celebre tra le poesie di Walt Wihtman, che termina con la celeberrima risposta: ‘che tu sei qui, che la vita esiste e l’identità, che il potente spettacolo continua e tu puoi contribuire con un verso’.
Tutto ritorna a te, al tuo insostituibile verso, chiede di arruolarti come gli oscuri operai che iniziarono con Gaudì la costruzione di quella che Papa Benedetto definì ‘un segno visibile del Dio invisibile’.
E alla fine, attraverso la realizzazione di questa cattedrale neuronale, che si organizza come l’occhio del tuo gatto, si risolve l’antinomia “internet- cabernet”:
Sono esattamente la stessa semplice cosa: un sorso di vita.
Quel sorso di vita che ci viene versato nello spettacolo commedia con i contributi più vari e sorprendenti da tanti amici sotto la regia della professoressa Annamaria Mariotti che in qualche misura riprende, con altro linguaggio, la lezione magistrale appena udita. Nel suo percorso tra passato presente futuro con la macchina del tempo, costruita nel laboratorio di didattica speciale, i nostri protagonisti (lo studente Ferro Giovanni nei panni di Kevin, i professori Tiozzo Giovanni in quelli di Doc, e Sandro Signoretto in quelli di Augusto Righi) sembrano cercare l’identità più vera del nostro istituto tra frizzi e canzoni, effetti speciali come ad esempio un assaggio di baruffe chiozzotte inserite a mo’ di fortuita citazione (Piccoloteatro sempre presente!).
Il tutto a dire che occorre sempre continuare ad accettare la sfida del futuro e del cambiamento e in definitiva si tratta di camminare, di correre come dice l’inno finale che contrappunta, con la setosa voce della collega artista, le immagini di quell’incredibile serpentone che ha abbracciato idealmente l’intera città.
Direi che è appunto questa sfida dell’umano che il nostro istituto ha vinto anche quest’anno generando non già un’autocelebrazione scontata della sua storia, ma una riflessione sul proprio passato e sul proprio destino in un modo assolutamente innovativo: tra maratone Girotto azzurro-mare e inno Mariotti tormentone, tra video rallentati o accelerati di Khmeliyuk Ivan nostro ex studente, calendari e foto di Singh, nostro attuale studente, saluti dall’America (Harvard) di Nordio Francesco per dire che noi siamo nel mondo, merende e ascensioni ai campanili, navigazioni lagunari e ancora merende. Tra internet e cabernet insomma, coniugando tutto ciò che scaturisce ancora, come per magia, dal cuore educativo di coloro che formano questa splendida macchina del tempo chiamata Itis Righi…
(Piergiorgio Bighin)
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